e. Antologia critica: alcune recensioni

Silvia Burani in “Giardini”

Le nature morte di Giuseppe Senna, immobili viaggi dell’anima

Modena, febbraio 2001  

  

I suoi vasi di fiori, i cesti di frutta, le composizioni di bacche rivelano una mano di grande maestria, capace di ritrarre gli oggetti con l’esattezza del dettaglio, usando di punta pennellini di martora triplo zero. La minuziosa virtuosità delle sue tele non insegue mai, però, una rappresentazione fine a se stessa, i suoi ritratti di elementi naturali non sono semplici esercizi di stile, ma segni rivelatori di una poetica che va ben oltre la rappresentazione del reale; le opere di Senna sono infatti meditazioni pittoriche del reale, visioni sognanti e sospese della natura, rivelazioni intense di un approccio contemplativo, palpitante e poetico al mondo vegetale. 

Con una soffusa luminosità che avvolge colori tenui e naturali e con la morbidezza di raffinate sfumature, Senna crea fiori e frutti velati di polvere di cipria, dolcemente rigorosi e sottilmente vitali. Le rose dalla bellezza stanca ma ancora sensibile, le foglie secche che frusciano avviluppandosi attorno ai petali e su se stesse, i frutti che si mostrano smarriti da vecchi catini di latta e da cesti di vimini sfibrati rivelano una commossa e tenace consapevolezza dell’armonia della natura, un’accettazione serena ma non arrendevole dei suoi ritmi, un’attenzione malinconica ma pur sempre vitale per la magia delle cose. 

Dietro ad opere apparentemente semplici, a composizioni sobrie dai toni morbidi, di grande naturalezza e apparente casualità, emergono quadri di struggente intensità, che svelano una sensibilità acuta e un gusto raffinato, in grado di regalare emozioni intense ma discrete. In ultima analisi, ammirare una natura morta di questo pittore-musicista è anche un’esperienza musicale, di scoperta e di ascolto dell’armonia della natura, fatta di bellezza e ineluttabilità, di ritmi che scivolano silenziosi e improvvisi come petali di rosa ai piedi di un vaso. 

  

  

Bruno Zanaboni in “Avvenire”     

“I misteri della Bassa nelle tele di Giuseppe Senna” 

Milano, 17 novembre 1995                                                             

  

Serena contemplazione, echi nel silenzio, folate di mistero. Polvere di magia a cospargere il cuore delle cose e della natura che ci circondano; raffigurazioni ispirate da una filosofia d’immagine tendente a concentrarsi in assoluto sulla riflessione del vero e intimo significato dell’essere; riflessione e meditazione sul concetto di verità dell’universo che ci ospita e del piccolo, grande universo di sentimenti, sensazioni, emozioni, insito in ogni elemento, in ogni entità oggettiva, animata o inanimata che sia agli occhi del mondo. 

Il velo del tempo accarezza ogni microcosmo al quale l’anima stessa, lo spirito vitale, sono regalati dal tocco sensibile e poetico dell’autore. Rappresentazioni di nature morte e paesaggi colte con grandi maestria lirica e musicale oltre che pittorica, mostrano le “cose” più banali che ci circondano il cui alito di vita è palpabile nelle profonde vibrazioni del silenzio. 

Con semplicità e perfezione Giuseppe Senna permea le sue tele ad olio di una metafisica coinvolgente, densa di suggestioni e di un misticismo attraverso il quale riesce a trasporre la stessa metafora in realtà. Slanci sentimentali, ricordi personali, memorie richiamate nel tempo; il fascino del passato, della riscoperta; un equilibrio perfetto tra romanticismo, sogno, pensiero e realtà. Cuore lombardo, della “Bassa”, Senna si rende interprete delle sue stesse radici: la bruma che pervade spesso le sue opere è la stessa che si posa ad avvolgere i campi della sua terra; i fiori secchi, i cesti, i frutti richiamano sapientemente profumi, colori e sensazioni della campagna e della natura dei suoi luoghi natii. 

Giuseppe Senna nasce a Villanterio, nel Pavese, nel 1946. Attualmente vive ed opera a Cinisello Balsamo. Di formazione prevalentemente musicale, esordisce come pittore nel 1970 con la sua prima personale. Nelle sue opere, l’artista bada più a cogliere l’anima di ciò che rappresenta piuttosto che raggiungere la perfezione fotografica dei soggetti. Nei suoi capolavori è affascinante scoprire immagini rubate allo sguardo e ai ricordi di un bambino, dipinte dal cuore di un poeta. Ed è assolutamente emozionante ammirare opere quali “Sulla riva c’è ancora qualche foglia”, dove la leggerezza del lirismo si sposa con la densità di un sentimento e il profumo della campagna accarezza i pensieri che corrono veloci come le nuvole; pensieri nei quali ognuno di noi può spalancare una finestra, sulla realtà o sui sogni e da questa affacciarsi per ammirare il mondo o se stessi e vivere attimi di riflessione alla ricerca della verità. Verità uguale o diversa per ognuno di noi. 

  

Antonio Bevilacqua in “Archivio” 

“Ritratti d’oggetti e di luoghi” 

Mantova, novembre 1995 

  

Lirico cantore delle brume padane e sensibile interprete delle peculiarità naturalistiche della Bassa lombarda, Giuseppe Senna ha spostato la sua attenzione di pittore verso il genere iperclassico della natura morta, o vita silente, come, ripristinando un’antica espressione, Giorgio de Chirico preferì tornare a dire. 

E’ un genere arduo, perché troppo esposto al rischio del banale e dell’insulso. Ma quando una vertiginosa maestria tecnica si combina con un’acuta sensibilità, musicale e poetica ancor prima che pittorica, il risultato può essere strabiliante. 

Umili oggetti quotidiani velati dal tempo, o fiori e vegetali in via di disidratazione, vengono trasfigurati, acquisendo pienezza ontologica e sapore metafisico. Anche le cose, oltre che i luoghi, posseggono un’anima: Senna sa coglierla, e segnalarla, con la semplicità e l’immediatezza proprie ai grandi artisti e alle grandi coscienze. Osservando questi dipinti si viene coinvolti, più che dall’efficacia descrittiva, da echi misteriosi che sussurrano in un silenzio vibrante e dilatato. Serenità e consapevolezza, un lirico senso di partecipazione, una mistica levità, traspongono nella sfera delle metafore poetiche quanto un linguaggio pittorico sapiente e raffinato sembra proporre come semplice analisi della realtà. L’abile minuzia lenticolare della pittura viene sovrastata dall’incantamento di un animo sempre capace di stupire di fronte ai sottili molteplici messaggi del reale. 

Il silenzio, per chi sa ascoltare, può possedere un’eloquenza estrema. 

  


   Svatava Vynal in “Civiltà dell’Amore” 

Firenze, gennaio 1992

 

Nel caso dell’ancor giovane Giuseppe Senna (appartiene alla prima generazione post-bellica) si può parlare, perlomeno per quanto riguarda la sua recente produzione, di una rivisitazione della realtà in chiave panteistica, e quindi pagana ma altamente spirituale, della nostra quotidianità. Non la pittura metafisica anche se vi possono essere dei richiami, non la ricerca di significati nascosti, ma la penetrazione della bellezza dell’essere, fra l’esistere e il venire capito. Ogni cosa, proprio ogni “cosa”- oggetto, diventa soggetto, senza abbellimenti ma anche senza l’urto che faceva parte dell’iper-realismo. Il rapporto panteista è sorriso e tenerezza, non risata o grido. Di ogni “cosa” capisce la vita interna, il diritto all’esistenza al di là del senso della proprietà, del possesso o dell’utilità; un passato e un futuro, e talvolta la scoperta di un “folletto” che lo anima. Vedere il mondo, quello intorno a noi, schietto e quotidiano, in questo modo, è un’arte che Giuseppe Senna non solo possiede ma cerca di trasmettere ad altri. I tubetti e barattoli dei suoi quadri, letti secondo questa ottica – né binocolo né microscopio ma introspezione, dell’oggetto e di noi stessi – si traducono in una nuova visione dei tubetti e dei barattoli della nostra vita. E ad un tratto si mettono a cantare una lieve melodia lirica, di gioia.

 

 

Attilio Milani in “Ordine e Libertà”

“Giuseppe Senna alla Galleria Accademia”

Abbiategrasso, febbraio 1982

 

Ha scritto Eduard Fuchs (“Erotische Kunst, Vol.I, Pag.61): “L’essenza dell’arte è la sensibilità. L’arte è sensibilità. E più precisamente sensibilità nella forma più potenziata. L’arte è sensibilità diventata forma, sensibilità diventata visibile, ed è insieme la forma più alta e più nobile della sensibilità”. Questo ed altro ancora ci è venuto in mente all’improvviso dando dalla Via Fiori Chiari uno sguardo rapido alle pitture di Giuseppe Senna che si vedono alla Galleria Accademia ad un passo proprio da Brera. E siamo entrati. Ci siamo così convinti di quale “forma” abbia preso la grande sensibilità dell’artista. Una forma personalissima, denotante una sicurezza non comune nel trattamento della luce, degli impasti materici, dei rapporti cromatici e delle strutture spaziali. Si tratta d’un canto leggerissimo e pur forte, nel severo controllo dei mezzi espressivi, d’un suonare d’antico flauto solitario nelle georgiche visioni d’una parte prescelta della nostra amata Lombardia.

Si capisce che il pittore non può far a meno di questa sua tematica e che per renderla ha costruito giorno dopo giorno un suo linguaggio (la “forma” appunto), incurante dell’assurda “bagarre” delle mode imperanti, spesso effimere, delle tante posticce teorie circolanti e delle troppe affettazioni letterarie. Gli interessa fare buona pittura. A far questa si noti con quali essenziali mezzi egli arrivi: poche terre, il bianco, il grigio. Ma alla fine è la “qualità” della pittura che ci appaga e il percepire che in essa un alito di nostalgia (un sapore velato di romanticismo) esiste come “continuum”.

Sono opere quelle del Senna nelle quali domina sovrano un anelito mai stanco, ancorché antico, di dolcissima poesia, di serenità e certo anche d’autentica bellezza. Di mano leggera, di segno sempre espressivo, con passaggi tonali di rara eccellenza armonica, queste sue “terre trasfigurate” occupano alla fine, per il loro incanto, carico di segrete risonanze, la nostra mente e ci trasportano nel regno dell’arte autentica, dove di colpo cessano le diatribe del quotidiano e spira perennemente l’aura delle melodie immortali.

Nel fruscio di queste piante lungo gli argini dei fiumi sonnolenti, nella trasparenza di queste acque, nella luminosità che trascolora oltre i vuoti in modo del tutto suo e nei passaggi dei verdi difficilissimi, abbiamo sentito il silenzio, la malinconia di tutte queste sue opere: la sua anima.

Quand'anche egli si affida alla grafica, questa malinconia ritorna nella delicatezza, nella morbidezza dei segni elaboratissimi, ad indicare che è questa, pur sempre, la nota fondamentale, la costante, della sua arte.

 

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"Artecultura"

"Giuseppe Senna al castello visconteo di Villanterio (Pavia)

Milano, settembre 1978


"Nello scorso mese di giugno il Comune di Villanterio, nell’ambito delle iniziative culturali locali, ha dedicato al pittore Giuseppe Senna una mostra personale in una sala del trecentesco castello civico. L’imponente afflusso di visitatori ed i loro entusiastici commenti hanno premiato l’iniziativa comunale ed insieme sancito un pieno successo del valente artista.

Delle opere di Giuseppe Senna, in cui motivo privilegiato è il paesaggio, colpiscono in primo luogo l’intenso afflato poetico, la ricca musicalità, la raffinatezza tonale. La poetica è naturalista ed intimista, la pur personale tavolozza ha matrice chiarista, il luminismo permea suggestivo lo spazio pittorico. E’ più che legittimo quindi ricondurre la produzione artistica di Senna al filone tradizionale del naturalismo lombardo. E’ del pari evidente tuttavia ch’egli vi reca un originale contributo, proponendone una versione personale, aggiornata ed estesa.

Nei suoi quadri la prospettiva lineare è appena accennata e quel cenno stesso è smentito dall’assenza delle ombre: lo straordinario senso di profondità è ottenuto attraverso l’impiego materico e cromatico dei colori, graduando rilievo ed intensità tonale. Oggetti e spazio sono consustanziali, plasmati nella stessa materia: il quadro così costruito emana un senso d’unità cosmica che travalica i limiti del dipinto ed invita l’osservatore a riconoscersi, come l’artista, parte di un Tutto-Uno.

Un’altra componente non va sottaciuta: Senna ha svolto per anni ricerca visiva, sulla materia pittorica e su certi effetti di cangiantismo che l’impiego di smalti nella preparazione della tela consente d’ottenere. Le testimonianze di tale ricerca potrebbero ben figurare in una rassegna “d’avanguardia” se l’artista non si rifiutasse di considerarle opere in sé, mirando a recuperare alla figurazione le conquiste tecniche che esse segnano. Senna è giunto così in punta di piedi ad arricchire le sue opere di una sorprendente quadridimensionalità: già per un verso con la visione interiore e assoluta, per l’altro, in concreto, con la profondità spaziale ed i colori medesimi mutanti in funzione della luce incidente, a proporre palpitanti equilibri sempre nuovi e sempre felici. In questo consistono la sua precipua originalità, la sua attualità e gran parte del segreto del suo successo.

 

 

“La Provincia Pavese”

Pavia, 21 maggio 1978

 

Nei giorni 3 e 4 giugno prossimi il Comune di Villanterio presenterà nella Sala Consiliare del Castello una mostra personale del pittore Giuseppe Senna, attivo a Milano, ma nato a Villanterio trentadue anni or sono.

La mostra sarà aperta al pubblico sabato 3 giugno dalle ore 15 alle 19 e domenica 4 dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19.

Giuseppe Senna, artista ormai affermato a livello internazionale, ha conservato la schietta semplicità, la cordiale bonomìa, la franca disponibilità tipiche della gente lombarda. E’ in questo fondamentale tratto del carattere, oltre che nell’attaccamento affettivo ai luoghi e alle peculiarità della natura in terra padana, la radice più profonda che alimenta la sua arte. Un’arte che viene a costituire un originale contributo a quel naturalismo lirico che è patrimonio autentico e prezioso della tradizione figurativa lombarda.

Senna arreca di proprio un’intensa musicalità e, attraverso un uso sapiente della materia pittorica, un’inconsueta e suggestiva resa dello spazio e della luce. Ne risultano quadri vivi e arricchiti di una quarta dimensione, tanto il senso di profondità ed i colori stessi cangiano in funzione della luce cui sono esposti.

Giuseppe Senna è nato a Villanterio nel 1946. Stabilitosi con la famiglia a Milano fin dalla prima infanzia, non ha mai reciso il cordone ombelicale che lo lega alla sua terra d’origine, di cui è sensibile interprete. La critica lo ha fatto rilevare in più occasioni, sottolineando come la sua pittura, oltre che di grande interesse per le personali soluzioni spaziali e tecniche, per l’uso della materia e per i giochi di luce, per la delicata e ricca musicalità, è poetica testimonianza di un profondo partecipante amore e di un’acuta capacità di penetrazione della voce della natura.

La sua prima personale risale al 1971, quando stile e tecnica, personalissimi, sono ormai ben consolidati, ed avviene a Milano, con l’autorevole presentazione di Dino Villani.

Schivo e riservato, diserta i concorsi e le altre manifestazioni clamorose. Le rare eccezioni, in passato, non hanno mancato di procurargli importanti riconoscimenti: nel 1974 ha vinto il primo premio al Concorso Nazionale di pittura indetto dall’Associazione per la divulgazione delle Arti, delle Scienze e della Tecnica, di Milano. A Roma gli sono stati conferiti i premi Marc’Aurelio e Leonardo da Vinci. Nel 1977 il principe Majed Ben Abdul Aziz di Riyadh (Arabia Saudita) gli ha commissionato, tramite la Galleria Schubert di Milano, un quadro di grande formato.

La presente mostra, promossa dal Comune di Villanterio, vuole essere anche un omaggio del pittore al suo luogo di nascita.